Di Mauro Spina
Quanto si sta consumando in queste ultime ore nella politica italiana è sintomatico della crisi sistematica che sta attraversando il Movimento 5 Stelle. Il partito guidato dall’ex premier Giuseppe Conte non ha ancora smaltito la perdita di parlamentari passati all’esperienza centrista di Luigi Di Maio, ed è subito nuovamente al centro della polemica per delle presunte telefonate del premier attuale, Mario Draghi, al fondatore e garante del Movimento Beppe Grillo.
Ma volendo provare a spostare il focus lontano da questa surreale scena adolescenziale, che ragionevolmente suscita rabbia e malcontento a sinistra, è opportuno riflettere su quanto terreno il Movimento stia lasciando alla destra, rifiutando l’appuntamento con riforme sociali importanti, rivolte al proprio elettorato (proprio in questi giorni approda in Parlamento lo Ius Scholae e bisogna legiferare in merito alle droghe leggere).
Non è una novità che il Partito Democratico (una volta di più) abbia derubricato le riforme sociali a tempi migliori, visto che non vuole mettere in discussione l’operato del governo, quasi certamente non forzerà la mano al governo nel caso in cui la destra proverà ad affossare le ennesime riforme sociali.
Il Movimento ha quindi l’opportunità di rilanciarsi, portando in aula il dibattito, sostenendo gli alleati progressisti e mettendo all’angolo i mal di pancia di qualche leader italiano che parla di Ius Soli mascherato e sulle aperture in favore della Cannabis ha chiosato più volte con argomenti da baretto. Invece di sostenere questo illusorio campo largo, il Movimento ha deciso di lasciare andare a plateali polemiche su telefonate mistiche, rammarichi, nomine in Sicilia, il tutto in un grottesco avvilupparsi di polemiche, stasi, crisi e perdita di consensi.
È possibile riprendersi da una fase congiunturale negativa, affrontando con serietà gli argomenti sul tavolo di governo, con lealtà verso un progetto esteso di riformismo, cercando di fare attenzione a dei temi che sono cari a moltissime famiglie italiane, e che aspettano proprio il Movimento per veder realizzare le proprie aspirazioni. A chi dovrebbero rivolgersi gli italiani senza cittadinanza? Alla peggior destra italiana degli ultimi anni? Ad un centro che è più interessato ad alleanze strategiche che non ad altro?
Ovviamente le uniche forze che possono trainare il cambiamento sono quelle che riconoscono l’importanza specifica di riforme come quelle approdate sul banco del governo nelle ultime 24 ore. Il Partito Democratico ha bisogno di un braccio alleato che mantenga accesa la fiamma della lotta per le riforme. Altrimenti rinuncerà nuovamente per il bene di un governo che ormai è tenuto in piedi soltanto dalla guerra in Ucraina e dalla crisi inesorabile di consensi di Matteo Salvini.
Lo Ius Scholae potrebbe finire nel dimenticatoio dove è rimasto a galleggiare per oltre 10 anni. E pensare che ciò accada per del gossip di palazzo, per una polemica da baretto, fa veramente rabbia, perché allora la differenza tra i partiti si sfuma in un indistinto guazzabuglio senza colore né logica. Ci sono cittadini che hanno rinunciato a parte della loro vita per poter avere la cittadinanza, e questa ferita è inaccettabile, soprattutto se si pensa ai progetti del PD di costituire un campo largo per vincere le elezioni e portare avanti le istanze sociali.
Su una cosa forse Giorgia Meloni ha ragione: lo Ius Scholae è una forma di Ius Soli mascherato come dice lei, un tentativo più modesto di introdurre una riforma di civiltà che la destra vorrebbe affossare, come il fine vita e il ddl Zan. Non riuscire a intestarsi neanche questo, dimostrerà nuovamente l’inadeguatezza di Giuseppe Conte come leader, e la spirale negativa in cui è entrato da tempo il Movimento. Segnalerà infine, una volta di più, che il Partito Democratico ha chiara la linea da seguire sui diritti sociali: provare a portarli in aula, ma senza crederci veramente.
Se queste sono le premesse per il campo largo, non si preannuncia un cambiamento reale per il sistema paese, stagnante e fermo sui diritti sociali, e si potrà intuire bene chi sarà il vero vincitore delle prossime elezioni: gli astenuti, chi abbandona la politica, chi non vota più. Perché nel vedere cosa sta accadendo in Parlamento in questi due giorni febbrili, la tentazione è forte.
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