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Il silenzio dei colpevoli

Di Mauro Spina


La manifestazione avvenuta ieri a Roma indetta dalla comunità ebraica della Capitale, dimostra quanto fragili e interscambiabili siano i confini politici dell’attuale risma governativo che ruota attorno al premier Mario Draghi. Sul palco assieme ai tre leader della coalizione di centro-destra anche Enrico Letta (segretario del Partito Democratico) e Maria Elena Boschi (capogruppo alla Camera dei Deputati di Italia Viva).

Rispettando un modus operandi già visto numerose altre volte in iniziative che riguardavano situazioni geopolitiche internazionali, Matteo Salvini leader della Lega Nord, ha trasformato l’iniziativa in una passerella elettorale macinando come un tritatutto la questione israelo-palestinese sciorinando banalità e prese di posizioni di comodo.

Proprio l’attuale leader del Carroccio negli anni ’90 quando la Lega era ancora un partito indipendentista, spendeva parole al veleno contro gli attacchi sionisti di Tel Aviv nei confronti dei palestinesi, dichiarando che la soluzione era quella dei due stati. Per calcolo elettoralistico, ieri si è rivolto alle frange più estreme e islamofobe del suo elettorato, chiudendo gli occhi sull’intera vicenda e chiosando con la presa di posizione tout court sionista.

Alla scia revisionista e miope del leader leghista si sono accodati seguendo le proprie parti in recita sia Giorgia Meloni con toni meno caustici e il più moderato Antonio Tajani, in un revival già andato in scena molte volte. Ricordano tanto le tre scimmie sagge Mizaru, Kikarazu e Iwazaru solo che invece di non vedere il male, non sentire il male e non parlare male i tre leader del centrodestra hanno deciso risolutamente di fare il contrario, in un conflitto dove se da una parte va stigmatizzata la violenza da ambo le parti, è impossibile scendere a generalizzazioni così spicciole e sbrigative.

Dall’altra parte: il nulla. Un pallido Enrico Letta ha come sempre elaborato il suo oculato discorso inoffensivo e passato in sordina rispetto agli echi roboanti di Matteo Salvini. Parole scelte e sussurrate di straforo quasi a voler incarnare la figura del demiurgo istituzionale che dà il colpo al cerchio e uno alla botte, per tenere tutti contenti e per non farsi apprezzare da nessuno.

Più lungimirante è stato Matteo Renzi, in caduta libera in termini di consenso, dopo le strette di mano con tiranni misogini e scambi di dolci natalizi con i servizi segreti ha scelto di mandare sul palco Maria Elena Boschi, lasciando all’arena social tutte le sue riflessioni sul conflitto in corso in Palestina; niente che non sia stato sbraitato e gridato dal palco da Matteo Salvini.

A mancare su quel palco, le sigle della sinistra che hanno scelto di non bruciare all’altare del consenso la memoria storica. In particolare, assenti erano Liberi e Uguali e Sinistra Italiana, la prima attualmente forza di governo, la seconda all’opposizione.

Assente era anche il Movimento5Stelle che ha scelto con un comunicato di Di Maio, di trincerarsi dietro la richiesta di un cessate il fuoco più rapido possibile, mentre in Palestina si combatte una guerra asimmetrica e si assiste ad una guerriglia fratricida.

Il motivo degli scontri è probabilmente il tentativo della destra moderata israeliana di espungere dal nuovo governo il leader di Likud Benjamin Netanyahu, primo ministro di Israele nel 1996-1999 e ininterrottamente al governo dal 2009. Il pericolo di una fuoriuscita dal governo del suo partito di ultradestra, ha dato inizio ad una guerra che ha visto la fine di ogni trattativa tra centristi, destra moderata e Ra’am, partito arabo che sarebbe entrato per la prima volta in una compagine di governo.

Motivi elettoralistici. E il desiderio di ogni politico poco accorto di mantenersi al potere costi quel che costi. E in questa ennesima, violenta lotta interetnica a rimetterci la vita ancora una volta ci sono civili da ambo le parti. Mentre la Palestina brucia e si irrigidiscono gli schieramenti, nella logica muscolare della guerra, in Italia come piccoli pupazzi del teatro delle marionette vanno in scena le rimostranze del potere prono all’odore del carro vincente.

Il Partito Democratico ha scelto una volta di più di rappresentare i giochi di palazzo e le strategie mirate al consenso rapido, sulla via segnata ormai da anni dalle rivendicazioni politiche della Lega Nord e di Fratelli d’Italia. Con Emanuele Fiano, responsabile della politica estera del Partito Democratico che in un post su Facebook accusa come artefici del conflitto Hamas, Jihad (che non è una persona, ma un concetto religioso-politico dell’Islam), Iran ed Hizb Allah come fossero oscuri personaggi che tramano nell’ombra in un conflitto dove ogni generalizzazione è foriera di errori e grossolane cadute.

Mentre la sorte dei palestinesi legittimi abitanti dello stato di Palestina è abbandonata definitivamente dalle forze progressiste italiane, sacrificata all’altare del consenso e delle comode uscite pubbliche.

Le stesse comode uscite pubbliche che fa ormai stabilmente il premier Mario Draghi, l’ultima quella di ieri, dove in Aula ha affermato che il Governo italiano non lascerà mai nessuna vita in balia delle onde nel Mediterraneo, nonostante lo stesso premier avesse poche settimane fa elogiato il lavoro fatto in Libia nei confronti del controllo delle coste dalla guardia costiera libica che ormai sotto la luce del sole, spara e lascia affondare i barchini stracolmi di migranti che tentano di fuggire dai lager situati proprio in Libia.

E’ un valzer grottesco, con un’Italia alle prese con una pandemia durissima, dove i principali partiti si aggirano come sciacalli, danzando su temi delicati cercando solo di ottenerne profitto e una volta che la musica si spegne e il sipario cala, tutto tace mentre la Palestina brucia.

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