Di Kevin Gerry Cafà
Una buona parte degli italiani avrebbe fatto anche a meno della dura e aspra battaglia consumatasi qualche giorno fa alla Camera e poi al Senato: una sorta di tutti contro il premier Giuseppe Conte e la maggioranza su cui si regge questo governo, chiamato a guidare il paese in questa fase delicata e a tratti drammatica.
Dal gesto della mascherina fino alla frase conclusiva del suo intervento, il presidente del Consiglio è stato oggetto di critiche per le misure contenute del Dpcm che proietterà il paese alla cosiddetta “Fase 2” della convivenza con il Coronavirus. Dall'uso del Dpcm come atto di espansione delle fonti di grado secondario fondato sull'urgenza all'indennità 600 euro, passando per la riapertura graduale delle attività produttive, è ricco il ventaglio delle questioni su cui il governo è intervenuto dall’inizio della quarantena.
La Costituzione
Il primo a fiondarsi contro il decreto ministeriale è stato Matteo Renzi, il quale lo ha definito come un tentativo del premier di calpestare i diritti costituzionali attraverso l’utilizzo di questo strumento previsto dalla Costituzione in “stato di emergenza”, causata dal Covid-19. In realtà, le critiche nei confronti della maggioranza – di cui Renzi è azionista seppur di minoranza – derivano da una richiesta di maggior coinvolgimento delle Camere nelle iniziative del presidente e magari chiedendone il voto sulle linee generali contenute del Dpcm.
La richiesta delle opposizioni non coincide con la necessità del governo di intervenire con tempismo sul Coronavirus: aspetto che Lega, Fratelli d’Italia e in parte anche Italia Viva avrebbero potuto trasformare in una leale collaborazione fra maggioranza e opposizione. Invece, si è optato per definire l’utilizzo del decreto ministeriale come un attacco alla democrazia, sfruttando la casualità del coronavirus piuttosto che far quadrato attorno alle istituzioni come una vera democrazia. Giusto concordare con i costituzionalisti quando si parla di “democrazia a maglie larghe”, ovvero quando è necessario lasciare ampi margini di manovra per consentire l’implementazione di misure necessarie a fronteggiare l’emergenza palesatasi qualche mese fa. In realtà, come citato da Sabino Cassese “il governo non calpesta la Costituzione, ma sicuramente l'ha un po' dimenticata e messa da parte sin dall'inizio. L'ha un po' stropicciata". Rimanendo in tema costituzionale, in piena emergenza sanitaria, sarebbe necessario un maggior impegno coordinamento tra Parlamento, Governo e Regioni: ostacolata dai governatori di alcune regioni che sono espressione dell’attività svolta dalle opposizioni in questi giorni.
Il rebus delle indennità
Oltre alla questione costituzionale, è necessario citare la diatriba sull’indennità messe a disposizione per alcune categorie. Tra il mese di gennaio e marzo, l'Inps ha accolto circa 109.000 domande in più di reddito e pensione di cittadinanza, 78.000 domande per il bonus baby-sitting e 273.000 per quanto riguarda i congedi straordinari per le famiglie, liquidando fino ad ora 3,5 milioni di richieste per il bonus da 600 euro per autonomi, professionisti, co.co.co, agricoli e lavoratori dello spettacolo, per un totale di 11 milioni di domande calcolando anche quelle per la cassa integrazione.
Molti di questi interventi a tutela delle categorie sopra elencate stentano ad arrivare, poiché ingarbugliati in una procedura burocratica lunga e complessa delle domande, soprattutto per la cassa integrazione in deroga. La problematica legata all'erogazione del bonus pesa come un macigno sulla schiena del premier Conte: ennesima vittima della burocrazia del nostro sistema e della complessità delle procedure amministrative. Su questo punto, le critiche arrivano anche da chi aveva promesso di snellire l’apparato burocratico del paese e avviare un processo di digitalizzazione della pubblica amministrazione, per poi impantanarsi sui referendum costituzionali e nelle richieste dei pieni poteri. Temi di questa portata hanno contribuito a sfamare anche le ambizioni e le trame dei partiti di opposizione e leader annessi.
Ma è chiaro che il miglioramento di questi provvedimenti passa per le decisioni che Bruxelles prenderà già la prossima settimana.
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