Di Mauro Spina
È ormai un sistema ben connaturato nella natura di molti uomini italiani: quello della molestia, verbale o fisica, a lavoro come nella vita di tutti i giorni, ai danni delle donne. L’ultima, più eclatante e shoccante è toccata ad una giornalista di Toscana TV molestata in diretta da un tifoso della Fiorentina, imprenditore che a suo dire sarebbe stato spinto dal gesto a causa della rabbia per la sconfitta della sua squadra. Ciò che del gesto deve fare riflettere è una serie di fattori.
Il primo è sicuramente l’assoluta spregiudicatezza nel compiere l’atto. Nel filmato si vede benissimo, l’uomo non ha un attimo di esitazione, seguito da altri due individui che accerchiamo la giovane giornalista, rivolgendole parole poco lusinghiere.
Il secondo riguarda l’esterno. Ciò che accade in diretta nello studio televisivo, dove il diretto del format sportivo invita la giornalista che è stata appena molestata a non far caso, chiosando con un ‘’queste cose servono per crescere’’. Da una parte una molestia ben evidente, dall'altra un uomo che non interviene, anzi, con finto pietismo crede di far del bene nei confronti della donna che è in palese difficoltà, consigliandole di non prendersela. Il non agire equivale ad una colpa. Corrisponde alla perpetrazione di un abuso di potere indiscriminato. Agire è denunciare. Denunciare è l’unica mossa che un uomo deve fare in casi come questi.
Il terzo punto riguarda il tifo organizzato e le reazioni sparse che si sono potute appurare dagli articoli sportivi che circolano nell’etere. Commenti di uomini, alcuni di essi con immagini di bambini e mogli nei profili, che minimizzano l’accaduto ed anzi gettano discredito sulla donna che ha subito la molestia. Ma è opportuno chiedersi, chi mai potrebbe inscenare un abuso per averne un tornaconto? Tale pensiero è davvero fin troppo viscido per essere eviscerato. Non importa che appartenga alla pancia del paese o sia razionale o motivato. Va ripudiato. Respinto. Tutto questo disgusta e il sistema calcio è malato. Intriso di machismo tossico e governato da uomini spesso bigotti e antiquati – si veda l’ex numero uno della Lega Calcio Carlo Tavecchio, le cui interviste traboccano di razzismo, misoginia, omofobia -.
Ed è necessario un quarto punto. Che riguarda il ruolo della donna nello sport italiano. Nel calcio in particolare, ma ciò riguarda anche altri contesti sportivi. La donna non è mero oggetto fattosi carne per gli occhi dei consumatori. Non è possibile che una sportiva in Serie A guadagni come tetto massimo 300 mila euro quando un calciatore italiano in Serie A senza mai giocare una partita ne prenda anche 3 volte tanto. La donna nello sport merita rispetto sia che si trovi sul prato verde sia che si trovi dietro una scrivania ad intervistare commentatori e commentatrici sportive. Anche se la realtà è triste, le donne intervistano quasi sempre uomini. E quasi sempre sono oggettivate, vestite come piace all'occhio maschile, spesso costrette a costruire su questa oggettivazione patriarcale la propria fortuna.
Il quinto punto si apre e chiude con un deciso richiamo agli uomini. Le molestie si combattono, le donne si ascoltano e si combatte ogni giorno assieme a loro una battaglia per i diritti che le vede ancora in subordine. Basta dire io non sono così, il non combattere equivale al non agire, il non agire è una colpa. Non basta un rossetto in faccia per contrastare la violenza sulle donne. Serve consapevolezza, equità e serve combattere assieme il patriarcato, affinché certe situazioni sconcertanti appartengano per sempre al passato.
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