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Solidarietà negativa

Immagine del redattore: Mauro SpinaMauro Spina

Di Mauro Spina


Negli ultimi giorni il parlamento europeo ha raggiunto un’intesa di massima sul salario minimo, una decisione che però resta non vincolante e permette quindi agli stati dove tale misura non è presente, di non adottarla nonostante la decisione di Bruxelles. La Germania è stato il primo fra i paesi della zona euro e tra i paesi che hanno sottoscritto alla convenzione sul salario minimo, ad essersi subito adeguata al testo, proponendo da settembre un salario minimo di 12€ l’ora. La misura resta comunque presente sia pure con oscillazioni enormi in numerosi stati europei. Manca però in Italia, paese fondatore del progetto europeo che sul tema risulta spaccato. Nel nostro paese, infatti, esiste una vera e propria guerra al ribasso che si sviluppa sia in verticale (ossia dai gruppi di interesse, imprenditori, giornali di proprietà fino nella miriade di costellazioni di talk presenti contro la misura) che in orizzontale (esistono anche lavoratori che non condividono i presupposti di base del salario). Ma il salario minimo cos’è? In buona sostanza è un adeguamento del salario base di ogni lavoratore stabilito dalla legge (in Lussemburgo il minimo salariale è oltre i 2 mila euro mentre in Bulgaria si ferma a ca. 350 euro al mese). Come ripetuto poc’anzi, in Germania la retribuzione minima oraria sarà di 12 euro all’ora. In Italia è vero, si è creato un sistema che nel tempo, progressivamente ha permesso di raggiungere anche un importante risultato come il sistema pensionistico. Mi riferisco nello specifico al potere contrattuale sindacale che ha ottenuto contratti nazionali molto importanti, ed è inoltre, garante di intere fasce di lavoratori. Il punto è che, non sembra bastare il ragionamento secondo il quale il sistema si poggi già su basi solide, e per almeno due ragioni. La prima: innanzitutto non si può basare la questione salariale solo su un organismo come il sindacato, aperto com’è a crisi di sistema, perdita di credibilità, fisiologici rilassamenti, ed altre situazioni possibili per un ente sociale di garanzia, che deve essere inossidabile e garante nel tempo di una componente fondamentale della vita di un lavoratore, come lo stipendio. Lo stato è una garanzia sufficiente, un ente terzo che può essere inserito come pendant ad un sistema forte con un sindacato attivo o rappresentare un baluardo ultimo quando il sindacato latita o è addirittura assente, come accade per una serie di lavoratori, che ad oggi, sono sotto pagati, pagati in nero o peggio ancora, sfruttati con salari da fame. Il secondo è di ordine morale, quale Stato sovrano serio lascerebbe un tema così importante nelle mani di un unico ente di garanzia (per quanto forte) senza normarlo e farsi garante egli stesso della salute psico fisica dei suoi lavoratori?. Ebbene la destra italiana si è dimostrata molto restia a fare i conti con questi problemi, interessata com’è in questo governo a tutelare i più forti (vedasi la questione differente ma interessante sul tema dei balneari). Per Matteo Salvini e Giorgia Meloni il salario minimo danneggerebbe gli imprenditori, i quali soprattutto in campi come quelli della ristorazione e del turismo (i principali settori dove i lavoratori sono molto spesso assunti con contratti da inchieste giudiziarie) sono ormai lanciati sulle pagine dei giornali (vedasi il Corriere della Sera) in un attacco senza precedenti al reddito di cittadinanza perché a detta loro non si troverebbero più lavoratori a causa dell’eccessivo assistenzialismo. E purtroppo sono molti italiani poveri, pensionati, piccoli lavoratori privati e indipendenti a pensarla così. A mostrare una solidarietà negativa nei confronti di camerieri, bagnini, rider, braccianti agricoli, baby sitter, colf, badanti, stagionali che spesso guadavano meno di 3 € l’ora . Mentre per concessioni balneari stabilite circa 70 anni fa, imprenditori fraudolenti quali Flavio Briatore pagano allo stato per incassi milionari cifre simboliche, che rasentano l’offesa, ci sono lavoratori che senza alcuno straccio di contratto collettivo si logorano la vita dietro lavori usuranti e mal pagati. I salari in Italia sono bassi anche per chi ha un regolare contratto, ma anche solo parlarne fa incorrere nell’accusa di essere pigri, lassisti e attaccati ai privilegi, soprattutto se a sottolineare una situazione del genere è un giovane. Giovane lavoratore che molto spesso si trova in questa situazione per gli enormi benefici e sprechi di cui hanno goduto le stesse generazioni che oggi non riescono a comprendere che il lavoro si paga, sempre, e in maniera dignitosa. Generazioni di imprenditori che trovano nel leader della Lega e nella futura candidata premier della destra italiana Giorgia Meloni, i paladini perfetti dello status quo. Non cambiare niente massimizza il profitto per imprenditori culinari come Alessandro Borghese che invita a lavorare gratis per lui giovani chef a Livorno e poi fa mangiare centinai di milanesi in un locale simile ad una palafitta. Ma la lista è lunga. Il reddito di cittadinanza ha molte lacune ma ha permesso di aprire il dibattito sulla questione. Occorre porsi delle domande se un giovane under 35 preferisce percepire una costante mensile di ca. 500 euro piuttosto che accettare un lavoro fantomaticamente offerto dalle pagine del Corriere della Sera. I partiti progressisti sono intervenuti a favore del salario minimo ma resterà da vedere se sarà argomento di discussione nell’immediato, o se diventerà una lotta nell’agone della campagna elettorale oppure il salario minimo cadrà dimentico come lo Ius Soli, il ddl Zan, in fine vita, la legalizzazione, la patrimoniale e lo stralcio dei rapporti con i carcerieri libici, i tanti temi cari alla sinistra che la sinistra si è persa per strada. Il lavoro va sempre pagato, va tutelato e rispettato e non è ammissibile che passi il messaggio fantozziano del lavoratore col cappello in mano che viene aggredito e criminalizzato se decide di non farsi più spaccare la schiena mentre lo Stato finge di non esserne responsabile scaricando la responsabilità di tutto al sindacato, creando un cortocircuito che si alimenta da sé e fa il gioco di chi vorrebbe meno diritti per un pugno di elettori delusi in più. Perché malaffare, mala politica, sfruttamento, evasione fiscale e screditamento costante del welfare state sono tutti legati da un sottile filo conduttore. È giunto il momento di recidere quel filo.

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